Descrivi un cambiamento positivo che hai apportato nella tua vita.
Sì ma allora ditecelo, che lo fate apposta! WordPress chiede la descrizione di un cambiamento POSITIVO avvenuto nella nostra vita e noi come rispondiamo? Giochiamo col doppio significato del termine “positivo”. Nel mondo reale però stavolta, perché la storia di oggi è troppo importante per venir confusa con quelle di fantasia.
L’intenzione iniziale era mettere il mondo reale col cambiamento positivo e quello di fantasia col personaggio che si scopre negativo, ma alla fine abbiamo cambiato idea preferendo non mischiare i due mondi.
DISCLAIMER: Post ad alto contenuto di psicoblog e dramaqueen, ma l’ironia c’è sempre in quanto è parte del nostro stile. Lettori avvisati, mezzi salvati.
Il cambiamento POSITIVO
Adesso non è “Gifter” a parlare ma Alessandro. Rinuncio momentaneamente al ruolo di blogger satirico perché la domanda sul “cambiamento positivo” mi ha dato l’input per condividere un episodio assolutamente reale, che avrei voluto raccontare il 3 maggio in occasione del decimo anniversario. Alla fine però, fare il post un mese prima o un mese dopo al mio virus non cambia l’esistenza e a me neanche.
Già i lettori avranno capito di quale cambiamento positivo parlo, sì, avete ragione! E non storcete tanto il naso dicendo “quello lì è un cambiamento negativo! Ti hanno dato una notizia tremenda!”
D’accordo. Chiamatelo come volete, ma il risultato scritto su quel foglio rimane sempre POSITIVO e chi non ha (per fortuna sua) mai avuto in mano un esito simile, farebbe meglio a non immaginare troppo una realtà che non gli appartiene poiché ognuno reagisce a modo suo.
Evento negativo? Sì. Notizia devastante? Di sicuro. Ma dopodiché? Siccome quando arriva te lo tieni, vale la pena prenderne atto e nel tempo imparare a conviverci più pacificamente possibile.
2013: Think twice!
Ascolto tutta la musica perché ne sono appassionato ma c’è un particolare brano che non riesco ad affrontare: “think twice” di Celine Dion; anche adesso che da YouTube ho cercato il video per condividerlo sul blog, ho l’audio muto perché quella canzone mi è a dir poco indigesta.
Una volta però le cose stavano diversamente: Think Twice era un disco che ho amato da quando è uscito e, tempo dopo, è stata la canzone mia e di Alberto. Un ragazzo che avevo considerato quello “dei sogni”, commettendo un errore madornale.
Vero che quando ci siamo incontrati avevo 32 anni e dovrei essere già stato un “uomo vissuto”, invece ero solo un coglione autentico pronto a credere a qualunque promessa e agli occhi dolci di chi giocava al monogamo in casa invece fuori… Lasciamo perdere.
Adesso l’Internet è piena di psicoblog che ti scrivono “i millantamila campanelli d’allarme per riconoscere un traditore seriale”, ma se l’idea distorta di “amore per sempre” ti mette il prosciutto sugli occhi, puoi averci “i segnali” davanti al naso e non te ne rendi conto! Finché l’altra persona ti dà a tal punto per scontato, che se prima ti metteva le corna solo fuori, appena ottiene la tua completa fiducia arriva a fartele anche in casa. Stronzo lui, e coglione io.
Così dai una, dai due, dai tre, il terzo indizio fa la prova e agli ennesimi calzini sconosciuti sotto il nostro letto, ho preso tutta la sua roba e gli ho lasciato la valigia fuori dalla porta.
A pensarci bene, se avessi trovato in giro per casa preservativi usati anziché biancheria di estranei, avrebbe fatto più orrore ma solo le corna sarebbero state da gestire e oggi non parlerei di questa persona in un blog contro lo stigma su HIV! Non importa: ormai è inutile guardare i forse, perché è andata com’è andata e il cambiamento POSITIVO è irreversibile.
Think twice che cosa c’entra? Altroché se c’entra: per fortuna non è andato avanti molto con quella storia, ma le scenate di Alberto fuori casa o al telefono a supplicare “Alex, ti prego, perdonami” con la canzone in sottofondo, si sono ripetute da metà gennaio 2013 fino a marzo e tralascio il dettaglio sul San Valentino.
Mai siamo arrivati a livelli di denuncia per stalking ma se fosse andato avanti ancora, chi può dirlo?
Di conseguenza è chiaro che mi basta sentire le prime note per avere l’istinto di fuggire! E non è una “ferita aperta da un amore mai dimenticato” né tanto meno l’associazione a quanto accaduto dopo, quel tipo di sentimenti ci sono stati ma li ho superati da anni.
La mia ritrosia a “think twice” è piuttosto quella sensazione fastidiosa di suono molesto causato da individuo rompi coglioni che si mette a far baccano sotto le tue finestre a orari poco consoni.
Per rendere l’idea, è lo stesso fastidio dell’arrotino l’ombrellaio che si presenta ogni qual volta tu abbia bisogno di concentrazione: lavoro, studio, o nel mio caso suonare il pianoforte.
Con l’arrotino non mi sono mai permesso ma ad Alberto ho lanciato più di qualche secchiata d’acqua dalla finestra quando veniva a rompermi le palle, sì! E in pieno inverno non è il massimo pertanto qualora si fosse preso un bel raffreddore, se l’è cercato.
In compenso nello stesso maledetto periodo mi ero beccato io un’influenza potentissima anche senza prendere secchiate, o almeno io l’ho considerata come tale; stress da amore finito, tutto quanto, una settimana a letto a tachipirina poi basta.
Appena guarito, sono andato in discarica a buttare le ultime mutande che Alberto aveva lasciato nel mio cassetto forse per illudersi di chissà cosa; però il vecchio Gifter, anzi il vecchio Alex in questo contesto, se ha deciso di chiudere, chiude senza alcuna possibilità di ripensamento.
Avessi conosciuto già all’epoca il museo delle relazioni finite, mi sarebbe piaciuto esporre quella merda là dentro ma forse gettarla in mezzo alla spazzatura mi ha permesso di sfogare i sentimenti che provavo in quel frangente: buttare via tutto sia fisicamente sia a livello simbolico anche se, in seguito, ho dovuto realizzare che da non tutti i regali dell’ex ci si può liberare.
2013: Rito di passaggio
Quando superi il momento clou dello stress da relazione finita cosa pensi? “I cimiteri sono pieni di persone insostituibili”, ci può essere qualcun altro da amare, e capisci che a 37 anni forse forse è il caso di “rimettersi sul mercato” per non diventare la vedova austera del diciannovesimo secolo.
Allora, nell’idea di ricominciare a conoscere gente col classico “poi si vedrà”, ho preso una decisione importante: fare il test per le malattie sessualmente trasmissibili HIV compreso in quanto mi sentivo in perfetta forma ma, sapendo che io ero monogamo e Alberto no, mi ritenevo una persona sufficientemente vulnerabile: nella peggiore delle ipotesi avrei quantomeno salvaguardato eventuali nuove relazioni a breve, medio o lungo termine.
Noi gay abbiamo maturato una certa consapevolezza in decenni di HIV/AIDS associati principalmente al nostro orientamento sessuale: i virus non guardano se sei monogamo o poligamo, è sufficiente una porta aperta a cui accedere e non gliene frega un accidenti se tu fai l’amore senza protezione perché “ti fidi” del tuo partner o se stai con una persona completamente anonima appena conosciuta della quale ti importa solo finché ti rivesti. I virus entrano in casa tua senza bussare né chiederti: “posso?”
A dire il vero è così anche per le persone etero, queste ultime però il più delle volte si sentono cullate nella “comfort zone” mediatica delle categorie a rischio e anche se il traditore seriale è la persona “della porta accanto” che si dedica a casa e lavoro, spesso e volentieri l’etero medio non considera l’eventualità malattie sessuali, non si sottopone ai test, poi succedono le tragedie di marito o moglie in AIDS conclamato dopo anni di silenzio, o positività all’HIV scoperte durante una gravidanza.
Poco mi importa se sono brutale quando parlo ma, siccome la vita non fa sconti, neanch’io li concedo mentre dico le cose come stanno.
Coi test avevo previsto di chiudere definitivamente il capitolo Alberto e, nel merito, scherzavo anche assieme al mio più caro amico: “dai, almeno adesso faccio tutti gli esami non sarò mica così sfigato da essere cornuto e sieropositivo? Le corna pesano qualche tonnellata però l’HIV pesa di più! Non lo reggerei!”
Adriano però è parecchio più malizioso di me e ha lanciato il sasso: “io ti sto addosso come una ventosa perché l’influenza che hai avuto qualche tempo fa non mi è piaciuta affatto”.
E chi se la ricordava più, non certo io! Ma lui da brava “sanguisuga” come lo chiamo tutt’ora, non si perde ogni minima fragilità da parte mia e già allora diceva “noi due possiamo reggere il peso di qualunque sventura. Sono con te”.
Lui si chiama proprio così. Adriano. Il mio più grande amico fin dall’adolescenza, il primo a cui ho confidato che “non mi piaceva la gnocca” (come parlavo male a suo tempo), quella è un’amicizia che dura ormai da 35 anni mese più mese meno. Ne abbiamo passate tante e ci sentiamo in una botte di ferro, neanche c’è il pericolo di rubarci i partner uno con l’altro perché è etero!
E sì, il criminologo Adriano delle storie di fantasia su questo blog, il leader del Mondo Positivo, è ispirato a un ragazzo morto di AIDS a cui Biagio Antonacci ha dedicato una canzone; però, se nei racconti Adri è così importante, è in onore dell’Adriano amico di una vita, che fin dall’inizio legge questo blog e fa il tifo per il profiler. Grazie di esserci e sappi che ti voglio un gran bene, ventosa!
2013: La risposta
L’influenza, cosa vuoi che sia! Avevo già letto sull’Internet che il passaggio da HIV negativo a positivo potesse scatenare dei sintomi simil-influenzali però su questo non ho mai voluto condizionarmi e dopo Alberto, nella mia vita, a nessuno avevo permesso di affacciarsi finché non sarei stato certo di “essere sano” – così definivo la negatività all’HIV fino a quel momento. Quindi mi sono fatto prelevare il sangue senza troppi pensieri drammatici: tutto sommato, ero tranquillo: avevo “la coscienza a posto”, “mi ero comportato bene”, il test era uno scrupolo ma generalmente “l’AIDS prende solo chi non fa attenzione”. Anch’io vittima, in qualche modo, delle campagne mediatiche fatte coi piedi.
Lo screening era per tutte le malattie sessualmente trasmissibili, non ero andato in una di quelle strutture dove fanno anonimo il test solo per l’HIV e sono rimasto in attesa dei risultati.
Come stavo? Tranquillo, non vedevo ragione di temere alcunché! Fino a quando non mi è squillato il cellulare: il dottore voleva “vedermi per discutere degli esiti” e a quel punto ho anche aggredito la signorina addetta alle chiamate: “porca puttana, ragazzetta, non farmi giri di parole dimmi che sono sieropositivo e sparisci!” Lei formale ma gentile: “signore abbia pazienza, non sono tenuta a darle informazioni al telefono, le chiedo cortesemente di prendere appuntamento col medico!” Venerdì 3 maggio 2013, va bene.
Mi ha accompagnato Adriano quel giorno, unica persona di cui potessi fidarmi ed è rimasto lì fuori ad attendermi mentre io ero chiuso in stanza a parlare col dottore. “Tutto negativo, tranne l’HIV, mi spiace”. No, cazzo no! Io HIV positivo no! Alberto non poteva avermi fatto questo!
Come detto all’inizio, ricevuta una simile notizia ti casca il mondo addosso perché ti crolla ogni certezza, ma ognuno reagisce a suo modo: io in quel momento non avevo più un dottore di fronte, non era più l’ambulatorio ma mi sentivo come se fossi a casa mia a tavola davanti ad Alberto.
Ci mancava solo Think Twice per sistemare l’atmosfera, e gliele ho dette a fuoco come se fosse il mio ex!
Santa pazienza aveva (e ha tutt’ora) quel medico. Solo quando mi sono calmato, mi ha spiegato tutto il percorso da fare; avevo troppa paura del “dopo” e ricordo ancora che dissi “dottore la prego se mi dà una medicina che non mi rende un fantasma con le gambe la accetto”.
Lui fece molto di più e mi diede l’opportunità di seguire un percorso di terapia sia antivirale sia psicologica grazie a cui adesso ho ritrovato il mio equilibrio e non ho problemi a parlarne apertamente.
Alberto? Ovviamente risultato anche lui positivo e ancora oggi sono convinto che non ne fosse a conoscenza: come prestava poca attenzione in auto così era nella sessualità e gli effetti si sono visti.
Ho provato rabbia e rancore verso il mio ex i primi mesi senz’altro ma ormai sono superati, rimanere incazzati a vita con un coglione simile non vale la pena anche perché è dimostrato che l’arrabbiatura non funziona da antivirale anzi probabilmente abbassa le difese immunitarie e incoraggia il virus a distruggerle.
Lo psicologo con le sue sedute è durato un anno e mezzo di cui i primi mesi erano assolutamente inutili perché mi facevo talmente schifo da essermi chiuso in casa senza farmi la doccia per giorni; Adriano da parte sua veniva anche a trovarmi ma sempre più di rado.
“Non mi vuoi più come amico perché ho l’HIV, gli scrissi un giorno ma la sua risposta fu brutale: “se non vengo volentieri da te è perché puzzi come una capra. Pensi di spaventare il virus così? Più facile che me ne vada io! Continua di questo passo e l’HIV rimarrà l’unico a starti vicino ma solo perché gli tocca e da te non può staccarsi sennò muore”.
Nessun medico o psicologo ti dirà mai una frase simile, un amico d’infanzia invece sì specialmente quando assiste alla tua auto-umiliazione e non sa cosa fare per aiutarti.
A questo si è aggiunta la terapia d’urto dello psicologo al quale confidai che avevo passato l’estate del 2013 a studiare quale fosse il modo migliore per morire, prima che mi ammazzasse il virus.
Il terapeuta disse: “quanti modi per morire stai descrivendo. Ma se passi i giorni a pensarci senza metterlo in pratica, vuol dire che non vuoi ucciderti veramente. Che dici? Partiamo da qui: tu, morire, in realtà non vuoi”.
“E certo che non voglio morire”, era stata la mia risposta, “ma è l’HIV che mi costringe a pensarci! A 37 anni la data di scadenza! Non è giusto!”
Quel sant’uomo mi ha lasciato sparare cazzate a raffica e poi si è messo a dirmi le stesse parole che già avevo sentito dal medico: “adesso non è più una condanna a morte”, “segui regolarmente la terapia”, “abbi uno stile di vita più sano possibile”, ci sono voluti quattro anni di alti e bassi in completa astinenza da qualunque relazione sessuale e sentimentale, finché adesso eccomi qui.
E anche se penso di aver perso i primi quattro anni di vita a soffrire, alla fine ha avuto ragione lo psicologo: “non cercare di farti amare dagli altri se non ami prima te stesso. Non chiedere ad altri di accettare il tuo HIV se sei il primo a non farlo”.
Cambiamento positivo: nuova consapevolezza
Il percorso per accettare la nuova condizione è stato molto lungo con eventi più o meno buoni che non mi soffermo a condividere.
Nel frattempo mi sono messo con l’uomo che più avanti è diventato mio marito, sono stato il testimone di nozze del mio amico Adriano e mi sono occupato anche della musica al suo matrimonio, ho cambiato regime di trattamento da due a una pastiglia al giorno e soprattutto la ricerca ha dimostrato la famosa formula U=U. Undetectable untransmittable: il virus non si trasmette da una persona all’altra se nel sangue ci sono meno di 50 copie per millimetro cubo – carica virale non rilevabile, virus non trasmissibile.
Per un periodo sono stato a farmi la paranoia “sì ma se fossi di cattivo umore e la carica del virus si alza?” Film mentali prontamente sbugiardati dal mio dottore che ha una enorme pazienza, poi meno male che la definizione “paziente” sarebbe riferita a me.
Capitolo chiuso anche quello delle paranoie: oggi ho raggiunto una grande serenità e stabilità emotiva, tanto che il virus ormai fa parte della mia famiglia esattamente come il gatto e me ne prendo cura: ritmi di vita più consoni possibili, alimentazione equilibrata, terapia ed esami regolari…
Dovrei fare più esercizio fisico ma io e il mio HIV siamo così: quando uno vuole andare a fare una passeggiata, l’altro si mette d’accordo con Giove Pluvio e fa piovere. Tale umano tale virus! Serie tv, divano, attività in orizzontale! Almeno essendo in simbiosi non c’è rischio che mentre guardiamo lo sport l’HIV tifi per gli avversari. Qual è la nostra squadra? Non si dice. Il virus non vuole.
Lo ammetto, dopo tutto quello che mi ha fatto penare per farsi accogliere, mi sono pure affezionato a questo virus qui. Lui che mi ha costretto a mettere in discussione troppe certezze fondate sul nulla ma che alla fine mi ha permesso di trovarne più salde: amicizie e amori solidi che prima, forse, c’erano e non li vedevo.
Dopodiché se non ci fosse stato lui nella mia vita, probabilmente neanche avrei stretto amicizia con la ragazza ideatrice di questo blog “Mondo Positivo” e che ci ha tirati dentro come fosse l’aspirapolvere. Unica attività, la scrittura di storie, con la quale il mio virus è pure d’accordo.
Cosa potrei volere di più? Tornare col segno negativo? Al momento non ci penso perché non è possibile, salvo le persone con leucemia trapiantate di staminali su cui i giornali hanno parlato mesi addietro.
Mi basterebbe mantenere HIV sulla soglia di Non Rilevabile Non Trasmissibile senza dover assumere farmaci, la ricerca si sta concentrando in questo senso perciò è questione solo di pazienza; per adesso voglio vivere e godermela al massimo, ho già perso troppo tempo dietro alle cazzate!
In chiusura voglio tranquillizzare, o deludere, i lettori a seconda dei punti di vista: io non ho alcuna intenzione di scrivere libri sulla mia positività come hanno fatto Elena Di Cioccio e Antonello Dose; il mio virus preferisce che continuino le storie fantasy/crime ambientate a Bugliano, e io concordo su tutta la linea col mio HIV.
Seriamente, non tengo affatto a scrivere un libro e venderlo per poi andare in giro a farmi pubblicità come l’ennesimo caso umano che racconta la sua storia. Preferisco la leggerezza del blog Mondo Positivo e lottare contro lo stigma coi miei mezzi nella vita reale: Gifter virale sì, ma Influencer mai!
Certamente questi eventi hanno segnato per sempre la tua vita.
Diciamo che a volte, da esperienze negative, ne nascono di positive. Solo “il senno di poi” ce lo potrà confermare.
Io, come “cambiamento positivo”, posso dire che ne ho avuto molti, ma il più importante – pur con tutte le difficoltà del caso – è stato diventare padre.
Io non ho mai avuto il sogno di avere figli; ho un nipotino che adoro e la nipotina di mio marito ma a un certo punto la mia pazienza si esaurisce!
Il test positivo mi ha sconvolto l’esistenza e mi ero sentito di essermi, praticamente, ucciso con le mie mani. La fortuna è stata solo quella di aver avuto al mio fianco le persone giuste in ambiente medico,e le amicizie. Perché in famiglia sì mamma e il suo secondo marito ci sono sempre stati e mio padre… Lasciamo perdere in quanto l’aver fecondato l’ovulo di propria moglie con uno spermatozoo, non dà automaticamente diritto di sentirsi chiamare “padre” o “papà” se tuo figlio poi lo tratti ammmmerda.
Vuoi uno spoiler di quelli grossi grossi grossi? Ci sono un paio di associazioni che ci hanno contattato per contribuire alla stesura di un libro.
Non ci metteremo a scrivere chissà cosa hanno solo domandato un racconto stile Mondo Positivo per un progetto riguardante l’HIV.
Abbiamo detto sì ma dobbiamo ancora pensare cosa scrivere!
Sono l’altro polo dell’atomo. Elettrona nonché polo negativo.
Quando ci siamo conosciuti Gifter era già positivo all’HIV. Esattamente come lo era già, dieci anni prima, il mio ex compagno quando ci eravamo messi assieme.
Però a costo di sentirmi mandare al diavolo dallo stesso Gifter spezzo una lancia a favore dell’amico suo che l’aveva allontanato nel primo periodo: come si può continuare “tutto come prima”, quando ti accorgi che la persona a cui tieni si sta trascurando?
Io non so come reagirei se un mio caro amico mi dicesse “sono sieropositivo all’HIV cazzo voglio morire” o se per lo stesso motivo evitasse di farsi la doccia per settimane! Abbi pazienza ma per quanto bene ci si possa volere, certe situazioni mettono a disagio e probabilmente la tua amicizia può fare ben poco.
Io lo vedo anche nel contesto delle persone con disabilità. Si dà tante volte per assodato che le persone rifiutino la nostra compagnia perché siamo un peso o fisicamente poco gradevoli, insomma perché siamo disabili, ma la verità è che troppe volte abbiamo un carattere di merda e ci trinceriamo dietro alla condizione perché abbiamo paura di metterci davvero in gioco.
Anche quando ho lasciato il mio ex compagno, mi hanno dato della stronza perché “ho lasciato un sieropositivo e invalido” io invece in quel frangente ho soltanto lasciato un uomo col quale per varie ragioni non stavo più bene. Con Gifter ne abbiamo spesso parlato quando lui mi ha raccontato privatamente la situazione descritta qui, e lui ha la fortuna di avere un carattere propenso a mettersi in discussione e migliorarsi! Ma è pieno di HIV positivi che si isolano tra loro dicendo “i negativi non mi capiscono” e tu negativa che cosa fai? Li mandi affanculo a priori: non ti capiamo? Allora capisciti coi tuoi simili! O fatti capire tu senza discriminare noialtri per lo status.
L’idea del mondo positivo storia di fantasia, è nata proprio per rimarcare l’assurdità di questo paradosso qui.
Come posso definire la mia esperienza? Positiva in una negatività voluta dal caso, dalla sorte, dalla fortuna, da Dio (? non credo: per chi… crede, lui ci ha donato un regalo che è un macigno, il libero arbitrio, quindi trionfiamo e ci roviniamo da soli, con le nostre mani e gambe).
Quindi positività negativo-positiva perché un giorno la mia controparte pluriennale si rivelò positiva. Ma vado a descrivere con calma.
Anni 90, un altro mondo anche dal punto di vista terapeutico oltre che sociale.
Relazione consolidata, anni felici. C’era solo una pecca. Il “controllino”.
Finalmente riuscii a trascinare me e la controparte a far l’esame per l’HIV.
Il risultato fu da impatto contro un muro di granito.
Controparte era positiva.
Io invece negativo, status poi confermato da successive nuove analisi nel corso di un anno. L’ultimo controllo molto recente donando il sangue per un’amica che doveva fare un intervento al cuore in un ospedale romano.
Comunque, nell’immediatezza della prima fase di quel momento da impatto, quale fu la mia reazione?
Di fronte alla controparte che era in trasformazione umana tutta interrogativi ed esclamativi, timori, dubbi da panico ecc, io ho assicurato l’intervento di specialisti ottimi che proposero una terapia, un cocktail di farmaci contro il virus.
Forse fu il caso, forse la giustezza della terapia, forse perché il contagio era agli inizi, dopo non molto tempo, qualche anno, la controparte si negativizzò.
Ma non non ci frequentavamo/parlavamo più dal momento iniziale della terapia. Quando fu avviata la migliore assistenza e terapia, diedi il mio addio.
Avevo ancora paura del contagio, ero arrabbiato del tradimento fisico?
No.
Il mio risentimento fu per IL tradimento fondamentale, quello ancora più pesante, stile montagna addosso, quello che la controparte aveva creato mettendo a rischio e in pericolo me, l’amato. Imperdonabile milioni di volte di più del classico tradimento da scappatelle.
Il mio star bene fu tradito, la mia tutela fu buttata nella spazzatura da chi diceva di amarmi e lo fece per qualche scopata non protetta. Oltretutto, rimandava l’esame HIV. Secondo me, visto che aveva avuto qualche rapporto extra “a crudo”, non voleva sapere. Ma c’ero pure io, l’inconsapevole, a rischiare!
Il mio taglio però non fu netto.
Da quei lontani anni, da quel momento di blocco, capita comunque che ogni sei mesi/un anno ci si messaggi (a fine anni 90 la controparte si è trasferita da Roma al Nord), così ebbi notizia della sua negativizzazione, poi del fatto che si costruì una nuova relazione.
Forse ho salvato la mia ex controparte: alla notizia della sua positività non sapeva a chi rivolgersi e, sospetto concretamente, che se fosse stata lasciata sola nella ricerca di specialisti, terapia ecc, nulla avrebbe fatto pur di nascondere socialmente e ai genitori il suo status anche perché nulla doveva trapelare, informare medici “potrebbe diffondere la conoscenza della mia positività e quindi possibili fughe di notizie”, diceva. Ecco, di questo di preoccupava sì…
Io testardo trascinai la controparte nella terapia. Avviai tutto, dopodiché l’addio.
Non potevo sopportarne neppure la vista per il tradimento che ho appena descritto.
In questo caso, positività e negatività si mescolano in un brodo che, per sua natura, non ha vera forma, non ha una fisionomia definita. È stata una “cosa” che ha trasformato esistenze.
PS: ho appositamente usato “controparte” senza un suo genere. In quegli anni vidi direttamente tre casi identici, col mio quattro in tutto. Microrealtà rappresentative di rapporti omo ed etero, in un caso (tipologia meno numerosa) di marito contagiato dalla moglie. Ho usato appositamente questa terminologia per non identificare in genere e tipologia l’accaduto.
Modalità poco seria. Beh, cosa dirti! Altro che dio, i casi sono due se sei restato negativo:
Perdonami ma sono il solito burlone e mi piace sorridere anche di fronte alle storie difficili perché è dura “mettersi a nudo” e raccontarle ma bene o male siamo passati tutti dalla stessa parte – abbiamo amato una persona che ha pensato solo a se stessa -, uno ha evitato le conseguenze irreversibili l’altro no, però nonostante la mazzata subita ci siamo rialzati tutti e due in piedi.
Cocktail di farmaci, sì, una volta ti davano anche quaranta pastiglie al giorno e, ho capito cosa intendi per “negativizzarsi” carica virale non rilevabile – come sono io. U=U. Il che non era assolutamente scontato in quegli anni: noi U=U siamo HIV positivi lo stesso, solo che non trasmettiamo più né rischiamo più di andare in AIDS.
Tradimento? Sì! Capisco perfettamente cosa hai provato verso quella persona e lo ribadisco. Ci fossero stati preservativi sotto il mio letto invece di calzini usati, in qualche modo ne saremmo venuti anche fuori! Avrei preso atto della situazione e ne avremmo parlato invece così appena sono risultato positivo e Alberto anche, l’avrei ucciso i primi tempi.
Guarda, quando c’è stato il dibattito sulle unioni civili è venuta pure fuori la questione “obbligo di fedeltà” e in parecchi si sono indignati. “Perché il matrimonio ha l’obbligo di fedeltà e noi no!” Certo guardando quella legge ci sarebbero molti motivi per indignarsi e volere di più, non è questa la sede per discuterne; ma sull’obbligo di fedeltà (sessuale) più passa il tempo più la trovo una condizione da medioevo: il problema semmai è che uno non riesce a distinguere il sesso dall’amore.
Io per primo non sono uno promiscuo ne sono caratterialmente incapace; l’idea di andare con uno -o più- senza neanche sapere nome, faccia, parlarci, solo un oggetto con cui divertirci anche no. Però neanche vorrei che qualcuno venisse a giudicare o rompere le palle se una coppia decidesse di esplorare la sessualità con altre persone. Insieme o no, ma comunque entrambi i partner d’accordo.
Sempre ovviamente tenendo conto del discorso prevenzione! Ora la Prep (profilassi pre-esposizione) nel giro di poco tempo verrà rimborsata dallo Stato anche in Italia, dieci anni in ritardo rispetto al resto del mondo industrializzato. Dieci anni di ritardo che sono costati la negatività a me perché se fossi stato in Prep, Alberto avrebbe potuto mettermi pure le mutande usate sotto il letto e io non avrei avuto alcun tipo di rischio comunque perché il regime di profilassi prevede controlli periodici contro TUTTE le malattie sessuali quindi hai tutto il tempo di curarti prima di far casino in giro.
E spero che vengano fatte campagne informative in merito perché previene l’HIV al 99% dei casi per chi è negativo. Quante tragedie si eviterebbero così!
A quel punto anche il discorso tradimento e “mettere il partner a rischio” verrebbe meno: se la Prep fosse un regime assunto da ogni persona sessualmente attiva tanti problemi anche psicologici non esisterebbero davvero più ne sono convinto.
Il discorso sul genere? Sai che faccio davvero poco caso ormai a questo, se uno dice “il mio ragazzo” “la mia ragazza” OK ma se dice “il mio amore” “la dolce metà” -che parola fastidiosa- o come hai fatto tu “la controparte” non mi pongo assolutamente il problema! Anzi mi hai dato una riflessione per un altro articolo sulle canzoni, proprio su questo tema del genere nei testi.
Più mondo reale ultimamente che mondo positivo perché io e l’altra blogger siamo impegnati su un altro progetto col virus che parla e povero HIV non va stressato.
Concordo praticamente in tutto. Sul termine controparte, è stato solo un espediente per il mio commento visto che all’epoca conobbi altri tre casi, tre diversi fra loro. Quindi, per dare un senso di universalità al discorso… controparte.
Sull’obbligo di fedeltà sono antico e le unioni civili devono averlo.
Troppo comodo parlare di esplorazione e menate simili. A meno che non sia la coppia a deciderlo insieme. Ma non è per me: molti anni fa alcuni “esperimenti” sono stati fatti, anche i famosi triangoli (due volte coinvolgendo elemento esterno) e no, non è di mio gusto.
E sì, ero antipatico al virus 🦠😄
Comunque, non tengo a sapere se per caso gli sono diventato simpatico, quindi in alto le barriere! 🛡️
Della tua “negatività” ritrovata/procurata ne avevo letto sul blog in cui scrivi. Ottime e utilissime storie oltre che godibili.
A presto!
Io non sono tanto per gli obblighi di fedeltà perché anche dove ci sono, la gente non smette di andare in giro. Ci va di nascosto e non si tutela. Spesso e volentieri soprattutto fra le persone etero non ci si fa il test HIV -e non si prende la Prep in considerazione- perché c’è sempre il giudizio “è roba per chi si comporta come non dovrebbe”. Allora uno dice la lascio andare così come la butta il caso poi succedono le tragedie.
Il fatto è che ci sono persone come me e te caratterialmente incapaci di legarsi a più partner contemporaneamente, altre invece che sono l’opposto e pretendere stabilità da loro significa ingabbiarle.
Anche il mio amico Adriano quello che mi ha accompagnato a fare il test, lui è uno così difatti ho pregato fino all’ultimo che cambiasse idea e non si sposasse più. Alla fine si è sposato ma si è lasciato tre anni dopo! Perché salta da un letto a quell’altro e non lo fermi. Gli va bene così.
E io gli voglio bene così, sono diventato il suo consulente per l’acquisto dei preservativi. Anche là sei in affitto hai tutto sulle spalle 60 euro al mese di Prep non te li puoi permettere, adesso spero che le cose cambino quando sarà rimborsabile gli ho già promesso che gli darò una mano se è possibile spianargli la strada col dottore ma che Adri finisca positivo non lo posso permettere.
Adri positivo è solo quello dei racconti di questo blog.
Il problema è proprio quando la fedeltà la si sente come un obbligo. In questo caso meglio non sposarsi, non fidanzarsi, non avere compagne/i, perché si trasforma in una presa in giro universale. Peggio se poi di mezzo ci sono figli.
Se si ha bisogno di più letti, che si prosegua così, in semplicità.
La penso uguale! Però adesso almeno nel matrimonio etero uno può farti l’addebito per colpa se la persona che hai sposato ti trova a letto con l’amante di turno.
Non importa se quella persona abbia o meno dilapidato il patrimonio di famiglia, il tradimento sessuale potrebbe già essere motivo per far le valigie.
Certo diverso è se abbiamo casa, lavoro, o altri beni assieme tu vai a letto in giro e svuoti tutto; però al “ti trovo a letto con qualcun altro sul nostro letto” io risponderei “bene allora lo faccio anch’io. Siamo adulti e basta”. Adesso almeno, perché 10 anni fa l’ho sentito proprio un tradimento dell’ego. Che qualcuno avesse preso qualcosa di mio e non era solo perché si metteva sul mio letto.
Il mio attuale partner lo sa: qualora succeda qualcosa non vorrei essere l’ultimo a saperlo e soprattutto gli ho detto sei grande grosso responsabile e preparato – non dico vaccinato perché la Prep non è un vaccino. E sa bene come andarsela a prescrivere se vuole; ma non ho più l’intenzione nella mia vita di tormentarmi con “o dio questo/questa ci fa il sorriso” “o dio va da solo in bagno” ecc. Lascio la gelosia a chi non sa amare.