Lo diciamo da sempre: la sierofobia uccide. Lo stigma contro le persone HIV positive non ha più ragione di esistere; in verità un fondamento per certa discriminazione non c’è mai stato ma almeno negli anni 80 c’era la giustificazione dell’irrazionale paura verso la morte, nonché la scarsa conoscenza. E adesso? Perché si continua a normalizzare la sierofobia e sdoganarla anche nei media? Il portale gay.it svolge un sondaggio per capire di quale portata sia il problema nel 2022.
Stigma su HIV: se ne parla troppo poco
26 novembre 2022. Mancano pochi giorni al primo dicembre, giornata mondiale contro HIV e AIDS, e nei social si torna a parlare di stigma contro le persone con HIV – come se poi gli altri giorni non esistesse… Non importa, nelle realtà che seguiamo noi se ne parla 365 giorni all’anno per fortuna.
La percezione della società comunque, rimane quella degli anni 80: HIV = AIDS = morte = paura = categorie a rischio. Malgrado i progressi scientifici; e anche di fronte a storie come quella di Stefania Gambadoro morta di AIDS nel 2017 perché i medici per pregiudizio non gliel’hanno diagnosticata in tempo, l’HIV continua a essere visto come un problema degli altri e se ne parla solo quando ci sono casi limite alla Valentino Talluto.
Sierofobia: un sondaggio per riconoscerla
Il più grande portale italiano sulle tematiche LGBT+, Gay.it, ha organizzato un sondaggio; “Tu e le persone HIV positive” è stato realizzato in collaborazione con le più importanti associazioni per la lotta all’HIV/AIDS, i quesiti racchiudono i maggiori stereotipi sull’argomento e la finalità è dare un voto da uno a dieci, dove uno significa essere in disaccordo col concetto espresso e dieci vuol dire condividerlo in pieno. Naturalmente, ci sono anche le vie di mezzo.
Il sondaggio i cui dati sono completamente anonimi, è stato pubblicato con la finalità di monitorare quanto forte sia lo stigma malgrado dall’inizio dell’epidemia sono passati quarant’anni, la scienza abbia fatto progressi enormi e la conoscenza volendo sia comunque accessibile a tutti; personalmente ci piacerebbe che tali domande venissero poste anche su giornali generalisti e fuori dall’ambiente social network perché sebbene su Internet sia pieno di siti e pagine a tema, le istituzioni e i media non mettono certe informazioni preziose alla portata di tutti.
Noi stiamo condividendo questa iniziativa tra tutti i nostri amici e conoscenti etero perché gli auto-proclamatisi “normali” sono quelli più coinvolti dall’ignoranza in materia e pieni di HIV sommerso, ma probabilmente in questo momento il portale Gay.it vuole iniziare a vedere quanto lo stigma sia radicato all’interno dell’ambiente LGBT+, il primo a essere maggiormente colpito dall’emergenza HIV/AIDS.
Perché lo stigma dev’essere anonimo?
Sinceramente non siamo tanto d’accordo con l’anonimato del sondaggio anzi ne avessimo le competenze tecniche faremmo proprio un’applicazione su Facebook tipo quelle “che personaggio Disney sei?” In cui si possa vedere nome, cognome, foto, domande e livello di sierofobia del soggetto, lasciando a portata di mano le informazioni per sfatare lo stigma. In bella vista sulla bacheca sua e dei suoi contatti.
Perché chi vive con l’HIV e subisce la sierofobia altrui deve nascondersi, ma poi viene tutelata pure la privacy di chi alimenta lo stigma? Se lui si sente in diritto di discriminare me in quanto HIV positivo io potrei o no sapere che quello con cui lavoro o mangio insieme è sierofobico e comportarmi di conseguenza? O devo rendermene conto quando è troppo tardi? Capiamo comunque la necessità dell’anonimato: già così com’è ora, qualcuno potrebbe falsare i risultati e mettere “1” pur pensando “10”, non è il primo o l’ultimo che racconta una cosa per un’altra in Internet. Figuriamoci se per una ragione o l’altra c’è il nome in bella vista e ti rende bersaglio degli odiatori! Eppure questa è un’occasione per iniziare a guardarsi un po’ dentro, riconoscere la propria sierofobia e iniziare a far qualcosa per eliminarla da se stessi e dagli altri.
La sierofobia è reversibile, l’HIV no
Lo stigma genera silenzio, il silenzio porta ignoranza, l’ignoranza aiuta il virus HIV a diffondersi e uccidere; non stiamo scherzando, qui si sta parlando del virus reale che ha fatto milioni di morti nel mondo, nulla a che fare col nostro personaggio inventato HIV di Bugliano. Le domande riportate nel sondaggio sembrano remote, noi abbiamo fatto pace con lo stigma da un pezzo ma tante volte la sierofobia del fuoco amico ci fa male. Allora tanto vale iniziare ricordando un concetto semplice: lo stigma è una scelta, ed è reversibile. Se hai vissuto in un contesto sociale in cui la sierofobia è la norma, puoi decidere di informarti e cambiare la rotta. Ma diventare HIV positivi nel 2022 è una situazione perfettamente evitabile della quale il silenzio istituzionale e mediatico è il primo responsabile.
Non vogliamo spoilerare tutti i quesiti del sondaggio, ma su uno ci teniamo a dare alcune dritte:
“Penso che una persona HIV positiva dovrebbe informarmi prima di un incontro sessuale”. In un mondo sieroconsapevole dove lo stigma non esiste, il problema non si dovrebbe porre e HIV sarebbe trattato alla stregua di qualunque altra condizione cronica. In un contesto di relazione in cui l’incontro sessuale non è fine a se stesso, parlare del proprio status dovrebbe venire naturale come segno di rispetto e fiducia reciproca; ma specie in caso di avventure occasionali, generate da incontri in locali o app di dating, nulla ci è dovuto da parte degli altri e se vogliamo mantenere il segno negativo siamo noi i primi a dovercene occupare per mezzo dei preservativi e/o della profilassi pre-esposizione – anche se quest’ultima malgrado sia da quattro anni ufficialmente in Italia, ancora non viene rimborsata dallo Stato o almeno agevolata come mezzo di prevenzione e non tutte le regioni e città sono coperte da centri specializzati.
Dare per scontato che una persona HIV positiva abbia il dovere di parlarne, significa delegarle tutta la responsabilità per la salute dei partner quando, specie al giorno d’oggi, non è più automatico l’accostamento “sieropositività = trasmissione sessuale” perché una persona consapevole di essere positiva nella maggioranza dei casi è in terapia efficace ed è ormai scientificamente assodato che le terapie abbassano la quantità di virus fino a renderlo non rilevabile, di conseguenza non più trasmissibile sessualmente.
E allora, parliamoci chiaro: con tutto lo stigma che c’è in giro, perché una persona HIV positiva che sa di NON poter trasmettere, dovrebbe sentirsi obbligata a dirtelo se sei uno che se la porta a letto una notte poi basta? Tu pensi al tuo culo, al diritto di manifestare la tua frustrazione, la tua sierofobia; ma non pensi al diritto che ha quell’altro di non divulgare informazioni sulla propria salute a un estraneo, con tutte le possibilità di ricatto che ci sono in giro? In un mondo al 100% rispettoso la cosa è fattibile, ma non in questo.