Chi si aspetta i racconti di fantasia abbia pazienza ma a volte ci sono momenti in cui il mondo reale ha la priorità.
Il 28 febbraio 2023 è andata in onda la seconda puntata di Stigma Stop, la rubrica mensile di eventi on line sui canali social di ArciGay in collaborazione con la realtà Healthy Peers che si occupa di salute sessuale.
Se il tema del 26 gennaio è stato “sierofobia e relazioni”, quello del secondo appuntamento è “abilismo e sessualità”.
Simone Riflesso, ospite di Healthy Peers e Arcigay
Per la diretta sull'abilismo e la sessualità è stato invitato Simone Riflesso, attivista queer e con disabilità motoria che da tempo si occupa della realtà scomoda per la quale si fa fatica ad avere risposte: orientamento sessuale, identità di genere, disabilità e discriminazione plurima.
Nella diretta, Simone ha spiegato senza mezzi termini come l'indipendenza di una persona con disabilità sia determinante per ogni attività quotidiana lavorativa o di svago, ma anche per una vita sessuale e affettiva serena: già è difficile quando sei etero, vivi in casa e “semplicemente” stai con una persona che ai tuoi genitori non piace (tra noi due autori c'è chi ha avuto parecchia esperienza in merito), figuriamoci cosa può accadere se sei una persona LGBT+!
Per non spoilerare lasciamo il video della live Stigma Stop, abilismo e sessualità:
Potremmo anche fermarci qui, ma teniamo a condividere la nostra esperienza diretta in proposito perché fra abilismo, omofobia e sierofobia ne abbiamo tante da crearci un sacco pieno tutti e due.
Abilismo: cosa significa?
“E basta”, dirà qualcuno. Omofobia, sierofobia, sessismo e adesso abilismo? Quante dannate parole dobbiamo imparare e a cosa servono? Non si può dare allo stigma un nome e un volto solo?
Evidentemente no, perché se è vero che ogni discriminazione nasce dall'ignoranza, ogni gruppo di persone destinatario di stigma lo subisce a modo proprio di conseguenza cambiano i metodi per tutelarsi e combatterlo.
L'abilismo è quella serie di comportamenti adottati anche senza volerlo, che penalizzano più o meno gravemente le persone con disabilità e neurodiversità.
- Dare del “ritardato” “down” e affini a una persona con atteggiamenti poco condivisibili, o dirgli “hai bisogno della 104”.
- Lasciare l'auto, il monopattino, qualunque mezzo, in un parcheggio riservato alle persone con disabilità
- Eventi quotidiani che creano barriere architettoniche: per esempio lasciare porte semiaperte o sedie fuori dal tavolo, in presenza di una persona con disabilità visiva. [NOTA di Elettrona: io sono nata senza la vista e in più di quarant'anni mio padre ancora non ha imparato a mettere le sedie sotto quando si alza da tavola.]
- Abilismo è usare un linguaggio improprio come “diversamente abile”, “costretto su una sedia a rotelle”, ecc. C'è modo e modo per parlare di disabilità e il pietismo o i giri di parole non sono più accettabili nel 2023. Oppure sostituire con supercazzole improbabili parole come “vedere” o “guardare” perché o dio, offendono la disabilità visiva! Idem per “essere di corsa”, “essere in gamba”, e tutte le espressioni del linguaggio corrente che offensive non sono ma gli abilisti ritengono tali senza rendersi conto che ti stanno trattando da diverso ancora peggio di prima.
- Considerare la persona con disabilità come inferiore, incapace di intendere e volere, o al contrario come un super eroe… Solo perché vive la propria vita più o meno autonoma.
- Evitare di esporre una critica verso una persona con disabilità, per paura: se uno è stronzo non importa se ha una disabilità, stronzo è e così resta per cui glielo devi dire sulla faccia comunque.
Abilismo indiretto
Quando giudichi male qualcuno perché ha scelto consapevolmente di interrompere un rapporto (sentimentale, affettivo, lavorativo) con una persona disabile.
A questo proposito ci ha colpito la frase di una blogger che seguiamo, Valentina di “A place for my head”nel suo post “una fine impossibile“:
[…] sono stata io a lasciare lui.
Si, sono stata la stronza a lasciare un ragazzo sulla sedia a rotelle.
Si, ho pensato a me, alla mia vita e al mio futuro invece che a lui.
Per una volta.
Forse, quella buona.
E che diamine, “la stronza” perché? Fra le varie agevolazioni destinate alle persone con disabilità non abbiamo mai visto scritto “la legge 104/92 prevede l'esenzione completa dalle interruzioni dei rapporti umani fra disabile e non.” Da nessuna parte c'è scritto che la disabilità sigilla le relazioni e soprattutto che partner, coniuge o amico debbano farti da assistente personale gratuito vita natural durante.
Eppure questa pare quasi una regola indiscutibile e (soprattutto le donne) il più delle volte sacrificano se stesse perché “poverino lui ha una condizione difficile non posso togliergli anche il mio amore”. Come no, portare avanti una relazione senza amore è togliere l'amore e come!
Noi siamo pronti a fare una scommessa: chiunque abbia certi atteggiamenti moralisti, fa la predica al mondo però poi è il primo a non volere una storia con una persona che vive una qualunque difficoltà. Disabilità, e volendo anche l'HIV! Ricordiamocelo, esistono ancora persone che rifiuterebbero una relazione solo per la positività all'HIV del partner come se questa fosse un ostacolo insormontabile.
Poco importa se gli spieghi la scienza, quelli ti dicono di sì, pagano da bere e in conclusione fanno finta di non sentire.
Abilismo e HIV: come siamo messi?
Male, malissimo. Educazione sessuale scarsa per tutti, di conseguenza la prevenzione HIV nel contesto della disabilità fa acqua da tutte le parti. Associazioni di categoria non pervenute e l'informazione su sessualità e prevenzione, uno se la deve cercare da solo.
NOTA di Elettrona: tutto quello che so su HIV proviene da informazioni avute in autonomia per interesse personale, fosse per la scuola sarei all'oscuro e magari sierofobica pure.
Preservativi? In rete puoi comprarne quanti vuoi, disabilità o meno che tu abbia; profilassi pre-esposizione? Ammesso che la persona con disabilità in oggetto sia informata in proposito, dovrà chiamare il centro Prep più vicino e oltre alle dinamiche delle prescrizioni, esami e quant'altro, dovrà capire se la struttura è priva di barriere architettoniche il che non è affatto scontato.
Senza parlare poi dei test autodiagnostici acquistabili on line o in farmacia: dalle istruzioni al riscontro solo visivo, questi kit sono perfettamente inaccessibili a chi non vede; e probabilmente anche alle persone con difficoltà nel movimento di mani e braccia.
Che nel 2023 una persona debba chiedere aiuto per proteggere la propria salute sessuale, è inammissibile eppure nessuno fa qualcosa per rimediare, siamo sempre i soliti pochi a preoccuparcene come se la cosa riguardasse solo noi.
Dopo ci raccontano delle app di dating, la facilità di trovare incontri più o meno occasionali ovunque, ma con tutto l'abilismo che gira dove vogliamo andare?
Mondo Positivo e network sulla prevenzione
Abbiamo preso contatto di recente con la realtà Healthy Peers almeno per quanto riguarda le barriere “architettoniche” del loro sito web, siamo amici da tempo con Bastian e Marco del sito “Prep in Italia”, piano piano e con discrezione cerchiamo di entrare almeno nelle simpatie di chi svolge attività di prevenzione ed educazione ponendo loro le questioni sulla disabilità che ci stanno a cuore; non è e non sarà un lavoro facile, ma l'abilismo si sconfigge solo facendo conoscere al mondo la nostra esistenza e relativi bisogni.
Finché non ci sei dentro per qualche motivo è difficile capire queste problematiche .
Per esempio io finché non ho avuto problemi con mio padre che non riusciva più a camminare non avevo chiara l’importanza dei posti per disabili. Mai usato il tagliando in sua assenza.
Buona giornata
è questa cultura che bisogna cambiare: “non mi pongo il problema finché non mi tocca”. Sono secoli in cui le cosiddette “diversità” sono state messe al margine se non addirittura a morte, ricordiamoci che si parla di vera inclusione sociale sia in ambito disabilità sia nel settore LGBT infinito e oltre dagli anni 70. O forse dopo. Quindi seppure tanti passi avanti sono stati fatti non si può pretendere in pochi anni di toglierci dalla testa una cultura tossica radicata da secoli.
E a proposito di abilismo, le normative per l’accessibilità degli strumenti informatici e del web esistono dal 1999 e in Italia la prima legge è stata fatta nel 2004 però in quasi vent’anni nelle scuole e nei corsi per sviluppatori l’accessibilità è stata considerata un accessorio facoltativo, una cultura “di nicchia”. Quindi ci sono sviluppatori che non sanno niente e siccome dal 2016 l’Europa -giustamente- s’è svegliata rendendo l’accessibilità un vincolo, questo buco formativo di vent’anni si vede tutto. A partire dagli sviluppatori che ti dicono “l’accessibilità è una rottura di…” Roba che viene da augurargli con tutto il cuore, di perdere la vista dalla sera alla mattina così la smettono di far tanto i belli.
Ma il punto è che in parte hanno ragione nel senso che l’accessibilità va pensata in fase di design, non a prodotto finito; e fare “aggiustamenti” su un prodotto che non l’ha mai prevista è effettivamente un bagno di sangue. Basterebbe solo che le aziende si mettessero in testa di investire in formazione e riprogettazione. Invece spesso fanno i belli parlando di “valorizzazione della diversità” poi vai dentro il loro sito con un software ausilio per la disabilità visiva e t’ammazzi di bestemmie.
Ho colleghi che presentano varie disabilità.
Io li tratto come gli altri, senza nessuna priorità, e senza nessun accorgimento particolare.
Credo sia la cosa migliore da fare: io li tratto da “colleghi”, e non da “colleghi disabili”, e loro lo apprezzano, perché la migliore forma di integrazione, è quella di non fare finti pietismi, ma comportarsi allo stesso modo con tutti.
Giustissimo. Sempre ovviamente tenendo conto dei limiti oggettivi quando ci sono – ossia, a uno che ha difficoltà a concentrarsi non lo si mette a svolgere attività che richiedono la massima concentrazione dall’inizio alla fine
Senza dubbio.
Credetemi, dico il vero: sono molto sensibile a questi argomenti, e non tollero che si usino termini dispregiativi verso le persone con handicap.
Anche qui, parlare di “handicap” è sbagliato: per quanto “disabilità” e “handicap” vengono spesso equiparati sono due cose diverse.
La disabilità è la condizione fisica, sensoriale o cognitiva. Quindi se uno ha un danno grave alla schiena non cammina più e deve muoversi con le ruote al posto delle gambe. Quella è la disabilità.
L’handicap invece può esserci oppure no, perché è uno svantaggio determinato dalle persone o l’ambiente che più o meno involontariamente possono creare degli ostacoli.
Esempio pratico: un gioco a quiz coi punteggi basati sul tempo, per una persona con disabilità visiva è un handicap tremendo. La disabilità non gli impedisce di leggere il testo e rispondere alle domande ovviamente considerato che il giocatore conosca la materia e questo a prescindere dalla vista; ma per leggere col vocale o braille ci vuole più tempo del colpo d’occhio quindi l’handicap è il punteggio in base al tempo, non la cecità. Se tu nel gioco fondi il calcolo dei punti sulla conoscenza anziché sulla velocità del ditino, quell’handicap non sussiste più e le persone prive della vista giocano alla pari con gli altri.
E va bene, vorrà dire che dovremo chiedere a Zeus -se ascolta- una giornata di 72 ore per spiegare a mezzo mondo la differenza tra “disabilità e handicap” oltre a quella tra “HIV e AIDS”…
Non ti stiamo prendendo in giro, anche perché tutto questo casino non è colpa tua; per decenni si va avanti nei media e nelle istituzioni a usare le parole senza approfondirle, e si acquisiscono convinzioni sbagliate.