Tempo di lettura: 14 minuti Descrivi una decisione che hai preso in passato che ti ha aiutato a imparare qualcosa o a crescere.
HIV di Bugliano, ancora bloccato a Zagabria, ricorda quando per salvare le sue umane dall'imminente pericolo ha preso l'unica decisione possibile: assecondare il loro comportamento, malgrado per lui fosse nocivo.
Siria De Rocchis da un lato, Greta Flaminia Lando dall'altro, stanno iniziando a godersi la simbiosi con lui solo adesso ma ancora fanno una gran fatica ad ascoltare gli avvertimenti del loro virus: troppo comodo ignorare chi ti dice la verità!
Virus, 2023: tra le due litiganti…
Eccole di nuovo insieme, faccia a faccia, dopo anni: la mia umana Siria e la negativa ChaserGiulia, stanno litigando davanti allo scatolone che nessuno finora si era azzardato mai ad aprire. “Ci sarà dentro droga”, ipotizzava qualche turista in visita qui al museo di Zagabria dove sono chiuso in punizione; “o forse è la relazione finita tra due criminali e stanno aspettando solo la polizia che se lo prenda”…
Ma ora che finalmente le ragazze l'hanno aperto, nulla posso fare davanti alle lacrime di Giulia mentre tiene fra le dita una vecchia foto: due mani di donna intente a graffiarsi, il sangue uscito da una che si unisce a quello dell'altra, dove le unghie avevano lacerato la pelle; trasmissione fallita, non era il momento. Quella foto non doveva finire in mano a una negativa!
Perché Giulia diventi positiva come la sua amica, tocca a me chiarire tutto su quella foto origine di ogni conflitto, l'immagine che lei ha rubato a Siria e inviato a un concorso spacciandola come propria.
“Non avevi alcun diritto, stronza”, vedo Siria metterle le mani al collo. “Non dovevi farlo! Io ti ho dato tutto, Giulia, e tu…”
Guardo Siria senza intervenire, deve comportarsi da vera biohazard e conoscere i propri limiti: se tutto andrà come previsto si fermerà qualche secondo prima di uccidere la persona a cui una volta era molto legata; a suo tempo le ho fatto vedere cosa si prova quando si è a un passo dall'AIDS, ora Siria deve trasmettere a Giulia la stessa esperienza di vedere in faccia la morte! Da lì, potranno solo risalire entrambe.
“Mi hai dato cosa”, la negativa sta piangendo tutte le lacrime di rabbia tenute nascoste per anni; “non mi hai dato quello che volevo. Né l'amore, né…” Le mani dell'altra si stringono più forte al suo collo. Lente, decise, una pressione sufficiente per impedirle di parlare ma ancora troppo blanda per bloccarle il respiro.
Ho voluto io quell'ennesimo test negativo, Giulia desiderava già all'età di 19 anni essere positiva ma io sapevo che non era il momento: Siria mi stava ignorando ed ero io stesso che l'avevo costretta a farlo, da quando loro due erano diventate amiche.
E ora guardavo le mani di Giulia stringere due oggetti in particolare: una grande tazza da tè con scritto “voilà c'est Paris” e un unicorno in peluche. Si vedeva la disperazione sulle mani di entrambe, ma non volevo ancora che Siria allentasse la presa sul collo dell'altra.
“Quei due regali”, spiego alla mia umana. “Meglio che li tenga Giulia finché è ancora negativa, faglielo capire!”
Tazza e unicorno erano fonti inesauribili di informazioni per me, ma finché io e Siria non avessimo un buon rapporto di simbiosi non potevo permetterle di sfruttare certe conoscenze che se usate male avrebbero messo in pericolo tutti noi.
“Neanche fossero i servizi segreti”, protesta Siria; “io faccio quello che dici ma vedi in che cazzo di posizione mi metti, HIV! Mi sono ridotta ad ascoltare un virus pur di avere compagnia! Sono una brutta persona…”
Siria, 2023: decisione sofferta
“O in Croazia con la negativa o fuori!” Queste erano le opzioni e io non potevo decidere in modo diverso, in alternativa sarei stata cacciata da Bugliano perciò alla fine mi sono rassegnata a partire.
Come aveva promesso, Benjamin Bruckner mi era venuto incontro quando ero arrivata all'aeroporto di Zagabria con Giulia; io e la mia ex amica avevamo passato l'intero viaggio in aereo senza rivolgerci mai la parola, eccetto quando rifiutavo tutti gli snack schifosi che ci erano stati offerti a bordo.
Ma per tutto il resto del volo lei annuiva o abbassava lo sguardo mentre a suo dire “parlavo da sola”, in realtà invece stavo disquisendo col mio HIV su cosa avrei dovuto raccontarle. “Parlerai solo a scatolone aperto”, mi aveva suggerito il virus, “almeno anche tu capirai la situazione generale e faremo tutti quanti pace.”
E così è stato: appena arrivati al museo il prof. Bruckner ci ha lasciate per conto nostro davanti allo scatolone dei vecchi ricordi dicendo soltanto, prima di andarsene, “sbrogliatevela tra voi due! Anzi tre!”
Ero in trappola di me stessa, dell'HIV, e di una decisione che mai avrei preso se il virus non mi ci avesse spinto; ma tirando fuori dalla scatola la foto di due mani che si graffiavano, mi rendo conto che più fuggo più i fantasmi del passato mi perseguitano. Meglio affrontarli!
Con le mie mani strette al collo, Giulia inizia a tossire; i miei pollici sono pericolosamente vicini alla carotide e so che mi basta premerli leggermente più in profondità mantenendo la posizione, per bloccare il respiro a quella negativa. “Mi hai rubato la foto, mi hai fatto outing”, le urlo incurante delle sue lacrime. “Tu poi dici di amarmi, vattene a fare in…”
“Io ti ho chiesto perdono a suo tempo”, lei continua a singhiozzare spingendo la tazza verso il bordo del tavolo, quel regalo per me da Parigi rischia pericolosamente di cadere; io però la spingo più verso di me e mi fermo a osservare la scritta incisa: “voilà c'est Paris”. Era troppo, decisamente troppo e se cascava per terra sarebbero stati guai.
Per salvare la tazza le ho ovviamente lasciato il collo e lei, dopo due respiri profondi, riprende a parlarmi: “Siria, perché sei così, dimmi chi sei, io non lo so! Tu e il tuo cazzuto HIV! Tu e il tuo mondo!”
Stavolta sono io a piangere e le mostro due macchie sul fondo della tazza. Un difetto della vernice, secondo Giulia. Ma il virus sostiene che si trattasse di altro e io non so a chi credere.
“Ora siamo qui e non abbiamo più scelta”, anch'io respiro a fondo prima di parlare. “Ed è meglio che tu sappia ogni cosa! Il fatto è che non so da dove partire…”
“Dalla foto”, mi suggerisce lei facendomi vedere una profonda cicatrice sul palmo della sua mano. “Potevamo già all'epoca unire il nostro sangue e non me l'hai lasciato fare…”
“Non sai quanto avrei voluto farti diventare come me”, ora sono io a singhiozzare; “ma HIV non me l'ha permesso. Con lui avevo un pessimo rapporto e per dargli attenzioni ho dovuto toglierle ad altri umani. Come l'avresti presa se ti avessi detto che il mio virus parla!”
“Beh”, mi risponde lei; “con la paura che avevo dell'AIDS ti avrei considerato una pazza e cacciato via.”
“Io inizialmente pensavo di avere le allucinazioni”, le ho sorriso porgendole la foto accartocciata. Le due mani di donna che si graffiavano, risalenti ad anni prima. L'inizio della fine per la nostra amicizia.
“Tu hai frainteso Giulia, è vero che hai visto un amore dove non è mai esistito. E a guardarmi indietro penso proprio che nemmeno dovevo scattare quella fotografia, né tanto meno ritoccarla.”
A malapena riesco a sostenere lo sguardo incredulo della mia ex migliore amica, ma dentro di me c'è HIV che mi sprona a raccontarle ogni cosa: “le due mani, ecco, non eri tu, Giulia. Non era un'immagine per te, e nessuno ti ha dato il diritto di rubarmela.”
Il pianto di lei non ha più freni e si appoggia con la testa sulla mia spalla, come aveva fatto molti anni addietro quando mi aveva chiesto per la prima volta il virus: “Ti credo, Siria”, Giulia parla tra i singhiozzi. “Ma se l'HIV si esprime nella nostra lingua come dici, almeno spiegami perché ti ha imposto di farmi soffrire così! Bastardo di un virus! Se mi senti parla, porca puttana… Parla e spiegami perché mi hai portato via Siria!”
“Stavo malissimo a causa tua in quel periodo, Siria, ma sapevo che la tua rabbia nei miei confronti era l'unica possibilità per me di salvarti la vita. L'alternativa era l'AIDS, con tutte le conseguenze del caso. O ti facevo morire o ti allontanavo dai tuoi amici! Non c'era scelta!”
Consapevole che Giulia non sarebbe stata in grado di sentire le parole del virus, gliele traduco in tutta la loro crudezza: “mi sono fatta odiare perché ero in pericolo e non me ne rendevo conto, Giuli! Tu mi avevi messo nei guai senza saperlo. Con la foto, l'unicorno e quella tazza! Quello è materiale da dare alla polizia!”
Ancora una volta la vedo con lo sguardo fisso sui ricordi della nostra vecchia amicizia e le infilo le dita tra i lunghi capelli sciolti. “Non diventerai positiva tesoro”, le sussurro; “non finché la setta del Dissanguatore sarà a piede libero. Il gruppo sta usando te per arrivare a me, capisci? E non siamo le uniche sue prede.”
Siria, 2006: il graffio
A pochi mesi dal test positivo, entrai in contatto con un'associazione: Blah, Bugliano Lotta Anti Hiv, sede in Toscana ma iniziative in tutto il mondo grazie alla rete. Per me, che allora stavo a Bergamo e non volevo far sapere la mia condizione, l'auto-aiuto on line era una risorsa molto preziosa.
In quel gruppo feci la conoscenza di molte persone col mio stesso virus e ci scambiammo confidenze anche intime, specie con una ragazza di circa 20 anni che mi raccontò di essere stata adottata da una famiglia buglianese; io e Greta ci sentimmo assiduamente per mesi finché decidemmo un incontro di persona.
Fu in quell'occasione, sedute al tavolo della mia veranda, che la decisione fra noi venne quasi automatica: in chat avevamo iniziato a chiamarci sorelle e lei azzardò: “potremmo unire il nostro sangue così saremo sorelle virali davvero, ci vuole un attimo!” A quel tempo Greta portava le unghie molto lunghe e sarebbe stato facile graffiarmi, ma prima chiese se potevamo immortalare quello che sarebbe stato un momento magico per entrambe.
“No, non farlo”, il virus iniziò a parlarmi mentre posizionavo la macchina fotografica sul tavolo, con l'obiettivo puntato verso le mani mie e di Greta. “Siria non puoi! Ferma! Natalia Solari è mia!”
Per quanto mi fidassi di lei mi guardai bene dal raccontare alla mia amica che credevo di sentire il virus parlare, né volli chiederle spiegazioni su perché lui l'avesse chiamata con un altro nome; così ignorai l'avvertimento di HIV e appoggiai la mano sul tavolo, in attesa di lei che si avvicinò qualche secondo più tardi.
Ma appena le sue unghie sfiorarono la mia pelle lei si lasciò sfuggire un lamento di dolore e si tirò indietro subito dopo lo scatto: fotografia venuta bene con le due mani, mancava però il sangue perché non c'era stata alcuna lacerazione. “Facciamo che siamo sorelle ugualmente”, mi disse, e mi abbracciò.
“Il mio HIV”, mi spiegò; “è stato lui a impedirmi di graffiarti! Non è il momento, Siria. Non si può.”
Anche lei col virus che parla, pensai, e la lasciai con un “sarà!” detto a mezze labbra.
Non ci sentimmo più, lei tagliò i ponti con me senza un motivo preciso e da allora mi convinsi che l'HIV volesse impedirmi di stringere amicizie, quindi iniziai a ignorare ancora di più ogni segnale che avvertivo da lui.
Siria, 2023: la tazza
“Intendi quella Greta, come no, lei! Sì, la sindacalista vegana! Quant'è piccolo il mondo”, Giulia mi sta ascoltando con attenzione e ha smesso di piangere; “anche quella ragazza ha sempre ignorato il virus come hai fatto tu, non dev'essere facile gestire un HIV normale quando non lo hai chiesto e te lo trovi addosso. Figurarsi uno parlante!”
“Io non l'ho chiesto”, ci tengo a precisare; “Greta invece sì! E l'ho scoperto solo nell'ultimo periodo!”
Evito di raccontare a Giulia la storia sentita in giro sulla vegana e la ragazza che le aveva trasmesso il virus, proprio in una modalità simile alla foto del graffio. Non mi pareva il caso di diffondere informazioni delle quali so a malapena la fondatezza.
Piuttosto, le ho spiegato del mio virus parlante: “Vedi Giuli, quando tutti i medici ti fanno capire che sei allucinata e non esiste un HIV capace di comunicare come le persone, ci rinunci e pensi di essere pazza. Lasci perdere, ignori, continui con la tua vita finché proprio non ci sbatti il muso. Mi capisci, ora? Non ho avuto mai un vero rapporto con lui, e lui mi ha isolata dai miei simili per costringermi al confronto!”
Negli anni però ho realizzato quale disastro fosse la mia esistenza: lontana dagli amici, lasciata dal fidanzato, poi il Covid che mi ha ucciso i parenti da parte di mamma, avevo solo mio padre e l'HIV, che ora mi sta chiedendo attenzione e vuole farmi concentrare sulla tazza: “voilà c'est Paris!”
Voilà, c'est, Paris. Voilà, c'est, Paris. La scritta non ha senso! Almeno ci fosse il disegno di qualche simbolo correlato alla città di Parigi. No, una scritta scarna sul lato, e una macchia inquietante sul fondo.
“Lo dici tu che non ha senso”, stavolta il virus non mi lascia sola e percepisco la tazza vibrarmi sotto le dita. “Avverti la vibrazione anche tu?”, chiedo a Giulia guidando la sua mano sulla ceramica liscia ma lei scuote la testa: “dai, mica è un telefono, cosa dovrei sentire!”
“Le lettere che si spostano”, le spiego; “il mio virus sta giocando col messaggio. Ma tu, negativa… Abbi pazienza, a volte dimentico la tua inferiorità.”
“Allora sbrigati a farmi cambiare stato”, ribatte lei guardandomi negli occhi. “Sono anni che te lo chiedo però tu e gli amici tuoi vi rifiutate di aggiornarmi! Voglio quel dannato HIV anch'io!”
Ignoro la provocazione e mi focalizzo di nuovo sulla scritta perché le lettere si sono davvero spostate e “voilà c'est Paris” è diventata “A volte sparisci!”
Messaggio chiarissimo da Giulia a me, in effetti; quante volte stavo in silenzio per atteggiarmi da preziosa! Mi mancava però un dettaglio: lei brava negli enigmi? Impossibile! Non poteva aver scelto “voilà c'est Paris” per questo!
“Incredibile”, osserva lei senza distaccare gli occhi dalle parole che continuano a comporsi. “Non sento vibrazioni Siria, ma vedo che la scritta cambia! In continuazione! Oh, la miseria, non si ferma mai! Non è che c'è qualche trucco di luci qui al museo?”
“Vista per il caos —> a volte sparisci —> Se ti salvi, porca, —> Sì, vale scoparti! —> Voilà! C'est Paris!”
Cerco di spiegare alla mia ex-amica tutti gli anagrammi derivanti dalla frase “voilà c'est Paris” ai quali, anni prima, non avrei mai fatto caso: “vedi Giuli, grazie a HIV ho capito che si possono celare dei messaggi in qualunque oggetto che abbia una scritta. Ora dovresti dirmi dove hai comprato quella tazza, scusa se te lo chiedo ma è importante, direi vitale.”
“Non ricordo bene”, mi risponde lei; “ho dimenticato la zona però c'era una bancarella dove vendevano oggetti per beneficenza, sì, un mercatino contro l'AIDS e ho pensato bene che…”
Cosa dovevo dirle, cosa! Osservo il fondo per l'ennesima volta; più guardavo la macchia visibile all'interno della tazza, più mi sentivo inquieta: meno male non ci avevo mai bevuto caffè.
“Effettivamente sembra sangue”, alla fine Giulia lo ammette. “Volevo anche lasciarla lì e cambiare tazza però hanno insistito che prendessi quella e non altre perché il suo ricavato andava sicuramente all'associazione. Come si chiamava, Bal, blu, bleu, non ricordo…”
Blah! Bugliano Lotta Anti HIV! Caspita, quel gruppo aveva conquistato anche la Francia.
Siria, 2023: l'unicorno
Il cavallino era il bellissimo ricordo di una festa a sorpresa che il mio ex fidanzato insieme a Giulia aveva organizzato nella vecchia casa in montagna di mia madre, ma anche del giorno in cui ho sentito per la prima volta il mio virus parlare.
All'inizio davo la colpa al povero unicorno in cui pensavo fosse mimetizzato qualche allucinogeno, per cui sbarazzarmene è stata una liberazione; quanto stavamo bene, a quel tempo, una sensazione che non tornerà mai più. Due coppie felicemente sistemate, o almeno così credevamo, con tutti i nostri amici! Io e Pietro, Giulia e Simone, poi tanti altri; nessun pensiero di HIV, medicine, esami, nulla di nulla.
“Anche quello”, Giulia lo prende fra le mani e lo stringe a sé come fosse un bambino; “il fratello del mio ex marito ha un negozio di giocattoli e oltre al tuo unicorno abbiamo comprato tutti gli animaletti per i nostri piccoli.”
Sara e Daniel, brutta storia: pur non avendo più contatti con lei nel tempo, avevo saputo della burrascosa separazione di Giulia e di come l'ex marito le avesse portato via i figli senza darle più alcuna possibilità di vederli; per quanto male mi avesse fatto in passato non le auguravo una simile sofferenza, ma non avevo mai avuto il coraggio di manifestarle la mia solidarietà.
Quanto mi aveva fatto piacere quel peluche, Giulia stessa mi aveva detto che era il suo “regalo speciale” e l'avevo appoggiato su una mensola sopra il mio letto. Ma la notte stessa avevo iniziato a sentire le voci:
“Siria lascialo, è pericoloso”, mi sentivo dire; “riportalo alla persona che te l'ha dato!”
Qualche giorno più avanti mi sono sentita male: febbre alta, dimagrivo, le terapie per l'HIV non funzionavano più e il medico aveva cambiato antivirali perché le difese mi si erano abbassate fino a 250 unità: “Un altro passo ed è AIDS”, il dottore era disperato mentre mi parlava. “E se è un ceppo di HIV resistente alle cure attuali, ci sarà poco da fare.”
Causa, effetto. Il Karma. L'avevo letto in alcuni libri sulle discipline orientali e facevo persino bagni con rosmarino, alloro e petali di rosa per purificarmi mentre tenevo l'unicorno posato su un panno accanto alla vasca. Le voci però continuavano: “Siria, non penserai di guarire così! Non penserai di purificarti in questo modo!” Chiunque fosse, pareva prendersi gioco di me.
Così la decisione finale è stata quella di chiudere il pupazzo in uno scatolone e non pensarci più.
Mi sentivo meglio, febbre e malesseri completamente scomparsi. Anche le medicine avevano ripreso a fare effetto e ricominciavo a ignorare l'HIV esattamente come prima del fattaccio. Anzi, me ne ricordavo solo al rituale della pastiglia quotidiana, poi proseguiva la vita di sempre.
Finché non è accaduto l'irreparabile: Giulia che ha trovato la foto del graffio nel mio computer e me l'ha rubata!
In realtà, fino alla vittoria del concorso, ufficialmente non sapevo del furto ma le voci misteriose avevano ripreso a farsi sentire: “quella negativa ti sta fregando”, mi avvertiva il mio angelo custode ignoto. “Allontanati da lei!”
Stavo anche per riuscire a coglierla in flagrante ma Giulia era stata più svelta di me a chiudere il coperchio del mio portatile, dopodiché è arrivata la mazzata finale.
“Te l'avevo detto”, la voce del mio invisibile guardiano era soddisfatta. “Impara ad ascoltarmi, sono io, sono il tuo HIV! Fai sempre di testa tua, Siria! Dopo la foto, cosa vuoi che lei ti rubi? La dignità?”
Altre scelte non c'erano, dovevo tagliare i ponti con quella ragazza e così avevo fatto. Anche quando è venuta a dichiararmi il suo amore. In realtà me ne importava e come, ma a questo giro non ascoltare il virus mi avrebbe portata fuori strada.
Ora Giulia ha in mano l'unicorno e lo sta rivoltando come un calzino: “io non capisco cos'abbia questo animaletto di pericoloso”, mi dice perplessa. “Cos'ho fatto io di male al tuo HIV? Gli stavo sul cazzo molto prima della foto! Ma cosa c'entra il cavallino?”
Mi faccio coraggio e lo prendo in mano anch'io: morbido, riempito di ovatta o gomma piuma, tranne il corno sul naso che è rigido e vuoto.
Una condizione che già avevo scoperto ma su cui finora non riuscivo ad approfondire perché ogni qual volta lo toccavo, mi veniva un dolore alle mani: avvelenato, pensavo a quel tempo; ma solo adesso mi rendo conto che era il virus a non volermi far toccare il corno.
“Ennesima truffa”, sospira Giulia amareggiata afferrando il naso del giocattolo; il corno è attaccato con un velcro e per toglierlo è bastato spingerlo leggermente verso l'esterno.
“Questi hanno preso un cavallo normale e me lo hanno venduto come unicorno, scusami, guarda, Siria, una figura di merda così grande era impensabile!”
Mi avvicino a lei e, se prima volevo strozzarla, ora la voglio abbracciare. Stretta. E il virus non fa nulla per fermarmi.
“Siria, non so cosa fare più che scusarmi, mio cognato diceva che mi stava vendendo un giocattolo speciale e chiunque l'avesse ricevuto sarebbe stato contento. No, ha usato un'altra parola: un eletto ma non ha mai voluto spiegarmi perché.”
“Questa espressione mi piace poco”, le rispondo; “se il tuo ex ti ha portato via i bambini vuol dire che… No, cazzo, no. Non mi far dire cose, spero di sbagliarmi.”
Più che un corno, sembra un astuccio con un cartoncino arrotolato e senza farmi scrupoli strappo la stoffa, cucita alla meglio: macché, non è un cartoncino, è una busta!
Porco Giuda, eccolo qui, c'è scritto sempre il solito nome: “BLAH – Bugliano Lotta Anti HIV.”
Nessun male alle mani o altri segni quando cerco di aprire la busta, anzi, stavolta sembra che il virus abbia deciso di assecondarmi e mi voglia spronare a leggere qualunque cosa sia contenuta; quale enigma ci sarà dentro!
Lascio il compito di estrarre il foglio a Giulia, insieme ci siamo messe in questo casino fin dall'inizio e insieme dobbiamo risolverlo.
“Ma c'è una lista di nomi, Siria! Pure il tuo!”
Campioni presenti:
Maria Sole Solari, Arianna Preziosi, Valentino Poli.
Campioni mancanti: Freddie Mercury, Adri La Scala, Rachel Wilson, Tatiana Brown, Natalia Solari, Siria De Rocchis.
Primo esperimento HIV Boom su territorio italiano: 26 agosto 20..
Reclutamenti: dottor Riccardo Preziosi Turnpike.
Prelievo e raccolta campioni: agente Floyd Turnpike.
Responsabili ricerca e laboratorio: BLAH – Bugliano Lotta Anti HIV
Le due cifre dell'anno erano cancellate: esperimento già svolto o ancora da svolgere? Non lo capivo! E mai più avrei contattato la BLAH per farmi spiegare, col rischio di finirci dentro fino al collo.
“Arianna, Maria Sole, Valentino!” Siamo entrambe spaventate: viviamo a Bugliano da poco, ma è un fatto ormai noto la morte di queste tre persone in circostanze poco chiare dove in qualche modo è coinvolta la perdita di sangue.
HIV Boom? In realtà non l'abbiamo sentito mai nominare come un problema serio, solo qualche voce su una presunta arma biologica mai realizzata e per la prima volta dopo anni, ho l'esigenza di prendere la mano a Giulia per stringerla forte, con l'unghia del pollice che scivola sulla sua cicatrice in un goffo tentativo di aprirla.
“Fermatevi per carità!” Mai una gioia. Il virus, perentorio, mi blocca per l'ennesima volta: “Giulia è di Adri”, mi spiega; “sarà lui a occuparsi della sua negatività. E anche di tutto questo scatolone pieno di robaccia. Raccogliete tutto, che ora torniamo a Bugliano!”
Chi avrebbe mai pensato di far pace con Giulia per merito dello stesso virus che ci aveva separate anni prima; adesso era il momento giusto, l'occasione che lei aspettava per rendersi credibile agli occhi di Adri. Forse, dandogli i nomi della setta scritti nero su bianco, l'avrebbe convinto che anche da negativa lei è in grado di svolgere indagini.
Unicorno, tazza, sarebbe tutto finito alla polizia scientifica quanto prima! Il dissanguatore ha le ore contate, e il merito va tutto a noi due, anzi tre col virus, perché senza non ce l'avremmo mai fatta.
Terribile decisione – nota degli autori:
Siria e giulia si ispirano al libro Ci sentiamo casomai, di Roberta Ciocca.
Nel romanzo Giulia ruba la foto a Siria e vince un concorso e la loro amicizia si interrompe per non riprendere mai più.
Roberta sa dei personaggi e le nuove storie.